Il settore delle telecomunicazioni sta vivendo accelerazioni significative, in Italia.
Alcuni servizi diventano maturi, commodity. L’accesso a internet; persino le tecnologie di fibra ottica.
Si vedano i dati al quarto trimestre 2024, della Broadband Map Agcom, validi anche ai fini dell’elaborazione dell’indice Desi della Commissione Europea. La copertura Ftth in Italia in un anno ha registrato un incremento rilevante, passando dal 59,6% al 70,7% delle famiglie residenti. Una tendenza analoga emerge per la connettività delle Pmi, la cui copertura è passata dal 49% al 59%.
Siamo oramai nella parte superiore della classifica europea. Ma il tema della copertura è solo una faccia della medaglia. Il settore ha preso consapevolezza che su questa scia non riesce più a genere valore sufficiente, a fronte di forti investimenti pubblici e privati in corso.
Quanto a redditività, le aziende sono messe più o meno tutte male. Non sono più sostenibili gli investimenti nella rete. Da qui le crisi che stiamo vedendo. Come l’indebitamento di Tim, da cui poi è nata la separazione dalla rete, entrata in Fibercop. Ma anche la situazione di cassa, difficile, di Open Fiber.
La forte concorrenza degli ultimi anni ha fatto piacere agli utenti, si può dire che ha funzionato ed è stata pure utile in un certo periodo per il settore; ma ha sfibrato le aziende.
La separazione tra rete (infrastrutture) e servizi è proprio la cifra di questa crisi. Non sarebbe mai avvenuta se le aziende fossero state in salute. Fenomeno cominciato dieci anni fa con lo scorporo delle torri e che ora prosegue con la rete fissa nazionale. In effetti: altro da scorporare non è rimasto, in Italia.
Si può ascrivere a questo fenomeno anche la fusione Vodafone-Fastweb. Vodafone Italia in particolare si trovava nella condizione di dover procedere in tal senso.
Il settore si è indebitato tanto negli ultimi anni. Così si spiega anche un’altra notizia importante delle ultime settimane: la necessità per Tim di vendere Sparkle a Mef-Retelit.
Teniamo anche conto che in questo settore, a differenza di quello dell’energia, pure molto indebitato, non c’è il meccanismo della rab (regulated asset base) a poter garantire una sostenibilità. Né è prevedibile che la rab arrivi, nemmeno in caso di fusione Open Fiber-Fibercop, per via delle caratteristiche di questo settore, dove non ci può essere un monopolio perfetto.
Insomma, c’è poca cassa e si è creato un forte indebitamento per sostenere investimenti. Ora va trovato un nuovo equilibrio per dare sostenibilità al settore. E non vale solo per i grandi soggetti, ora coinvolti dalle operazioni di cui abbiamo detto.
La questione redditività riguarda anche le aziende piccole e medie, in particolare quelle che sono rivolte a un settore consumer; più facile invece tenersi in piedi per quelli che si diversificano in una nicchia business.
Sono prevedibili quindi altre fusioni nei prossimi mesi, di soggetti di diverse dimensioni.
Un’altra dinamica rilevante in Italia è l’evoluzione dei datacenter, dove si inserisce anche la crescita dei cavi sottomarini. Il centro-sud avrà uno sviluppo importante nei prossimi anni e Roma può ambire a un ruolo centrale in Italia.
Anche in questo caso, i numeri parlano chiaro. Nel 2024 i datacenter italiani sono arrivati a una potenza energetica di 513 megawatt installati, il 17% in più rispetto all’anno precedente, secondo dati del Politecnico di Milano.
Nel biennio 2023-2024 sono stati investiti 5 miliardi di euro per la costruzione, l’approntamento e il riempimento dei datacenter.
Bene; ma rispetto ad altri Paesi europei, in rapporto al pil, siamo in ritardo.
Milano ha 238 mw installati, contro i 1.065 mw di Londra e agli 867 di Francoforte.
Queste differenze si spiegano con un ritardo generale del digitale in Italia, ma anche con il nostro costo dell’energia, che ora è il 40 per cento più cara, in Italia, rispetto alla media europea. La Spagna, sebbene sia in ritardo (con i 172 mw di Madrid), sta recuperando velocemente in questa fase, grazie al calo dei costi di energia.
Nonostante questi limiti, l’Italia va avanti.
I cavi sottomarini hanno un ruolo nel futuro che ci attende, perché i nuovi progetti miglioreranno la connettività tra Nord e Sud Italia e tra Italia e Nord Africa, regione che è in forte crescita su internet; ma anche con Medio-Oriente, India, Cina.
Il nostro cavo di Uniterreno, che andrà in funzione a luglio, gioca questa partita. È il primo cavo nel mediterraneo a 24 coppie, per una capacità complessiva di trasporto di circa 500 Terabit al secondo. Collegherà Roma, Genova, Olbia e Mazara del Vallo.
Roma e Genova, in questo nuovo scenario delle connessioni globali, si pongono in prospettiva come un’importante alternativa all’attuale rotta che, per l’Europa, passa da Marsiglia.
Scenario che si completa con il ruolo, di crescente importanza, dei centri di interscambio nazionali, il Namex di Roma e il Mix di Milano.
Ultimo tassello, i satelliti, che anche con le nuove tecnologie in orbita bassa, giocano un ruolo. Un ruolo complementare, però, utile per le esigenze di nicchia di connettività in luoghi remoti e in mare. In particolare vedo interessante la tecnologia satellitare 5G (direct to cell), di prossimo arrivo, per potrà servire in mobilità, su smartphone, in molte situazioni.
— Di Renato Brunetti, Presidente di Namex